Riceviamo e pubblichiamo la riflessione di Sandro Bonacchi, in riferimento all’episodio della trasmissione televisiva Report, andata in onda su Rai 3 domenica 15 dicembre 2024.
Chi ha visto la puntata di Report di domenica 15 dicembre si starà facendo di certo qualche domanda: “Ma tutta questa incompetenza dei baristi e tutto questo caffè difettoso venduto loro dai torrefattori è solo esagerazione o è realtà? E questa incuranza è tipica di Napoli e di poche altre località oppure è un fenomeno diffuso?” Mi duole rispondere che tutto il nostro Bel Paese ne soffre.
Nella maggior parte dei casi il barista non ha seguito particolari corsi di formazione, non ha cognizione della materia prima che il torrefattore gli vende, riceve caffè difettosi senza valutarli come tali e non rivolge particolare attenzione nella preparazione e nella pulizia delle attrezzature. Non solo. Non utilizza nessuna ricetta per la preparazione dell’espresso, non ha un menù dei caffè con differenti proposte e metodi di preparazione, né tantomeno possiede abilità legate all’analisi sensoriale sufficienti per valutare come ha cucinato il caffè da lui preparato. Figuriamoci se può essere consapevole di non saper raccontare il caffè che sta servendo. L’obiettivo sarebbe invece quello di favorire un consumo più consapevole, trasformando un rito “amaro” in una “scelta di piacere”.
È doveroso ringraziare la redazione di Report e il lavoro di Bernardo Iovene per questo nuovo servizio dedicato al caffè. Tuttavia è demoralizzante assistere alle dichiarazioni di taluni torrefattori: “Lo facciamo così – (male così) – perché comunque è questo che il mercato ci chiede”. Stiamo forse affermando che sia giusto vendere materia prima difettosa e tostata volutamente male perché sono i clienti a chiederlo? È giunto il momento di aprire gli occhi e di non accettare un certo caffè solo perché costa poco.
In Italia si bevono difetti, ovunque. Le interviste realizzate a Napoli fanno ancora notizia visto che nell’immaginario degli Italiani il capoluogo campano rappresenta l’eccellenza del caffè, anche se nella realtà si tratta di un luogo comune. È ormai l’ora di azzerare tutto ciò che pensiamo di sapere sul caffè, di mettere l’attenzione sulla filiera affinché siano servite tazzine senza difetti a consumatori più consapevoli. Per iniziare un possibile percorso di conoscenza della bevanda consiglio la lettura del saggio Zero Caffè di Andrej Godina e Sandro Bonacchi (Edizioni Medicea – Firenze).
Voglio comunque spezzare una lancia in favore del territorio partenopeo che può contare su molti ristoranti e caffetterie che hanno fatto del caffè una vera proposta di valore, molto più che in città solo apparentemente più virtuose ma decisamente più pigre e meno evolute. Confido che, come accaduto per la pizza, Napoli possa essere fra le prime città italiane a dare dimostrazione che tradizione non vuol dire reiterare nel tempo dei processi errati.
Grazie allo studio, alla conoscenza e all’applicazione ogni interprete della filiera può migliorare il proprio compito. Solo un consumatore più felice e consapevole può essere disposto infatti a pagare un prezzo più alto, adeguato a sostenere tutti gli attori che lavorano lungo la filiera, dal contadino al barista stesso.
Proprio nell’ultimo anno la materia prima caffè ha raggiunto prezzi più che raddoppiati ma ciò non si traduce ancora in un aumento proporzionale del prezzo della tazzina. Il timore è rivolto alla potenziale impreparazione del consumatore nel comprendere e accettare un aumento. Ma ditemi, come biasimare il consumatore? Perché pagare di più per gli stessi difetti?
Agli operatori del settore non resta che cambiare in modo onesto e responsabile le regole del gioco e il consumo del caffè. Come? Attraverso lo studio, facendo della cultura della conoscenza il proprio passaporto per il futuro.
Sandro Bonacchi è un caffesperto che lavora dal 2000 nel mondo del caffè come torrefattore e dal 2017 come trainer formatore per la SCA (Speciality Coffee Association) nell’ambito dell’analisi sensoriale. È co-fondatore di Umami Area Honduras. Nel 2019 è stato autore con Andrej Godina del saggio Caffè Zero a cui è seguita nel 2020 l’uscita dell’omonimo manifesto. Dal 2020 è co-fondatore di B.farm.
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