Gli Stati Uniti eliminano il dazio del 10% sulle importazioni di caffè: una mossa che ridisegna gli scenari commerciali per l’intera filiera internazionale e apre nuove opportunità per le torrefazioni italiane. L’amministrazione Trump ha formalizzato la decisione il 14 novembre 2025 attraverso un ordine esecutivo che rimuove il reciprocal tariff introdotto all’inizio dell’anno. La misura ha portata globale e riguarda tutte le origini, Italia compresa, con benefici immediati per chi esporta miscele tostate, specialty coffee, capsule e prodotti destinati al canale Horeca e vending.
Il provvedimento si colloca in un quadro di rinnovata collaborazione commerciale con Argentina, Ecuador, Guatemala ed El Salvador, paesi con cui Washington ha siglato accordi per la riduzione dei dazi su prodotti agricoli, come documentato da Reuters e Politico. Nell’Annex I dell’ordine esecutivo della Casa Bianca compaiono i codici HTSUS del caffè sotto la voce 9903.02.78, associati a beni “originari di qualsiasi Paese”, rendendo l’esenzione applicabile su scala mondiale.
Le voci tariffarie incluse nell’esenzione coprono l’intero spettro della filiera: caffè verde (0901.11.00 e 0901.12.00), caffè torrefatto (0901.21.00 e 0901.22.00) e altre categorie correlate. Si tratta di prodotti strategici per l’export italiano verso gli USA, dove i segmenti premium e specialty continuano a registrare una domanda in crescita. Le imprese europee, e in particolare quelle italiane, vedevano proprio in queste categorie una quota rilevante delle esportazioni oltreoceano.
Dal punto di vista operativo, il reciprocal tariff era l’unico balzello aggiuntivo applicato negli ultimi mesi, considerando che molte voci del capitolo 0901 godevano già di dazio base zero (MFN). La sua eliminazione riporta la struttura tariffaria alla situazione pre-2025, con un risparmio diretto per gli importatori americani e un rafforzamento della competitività dei prodotti esteri, soprattutto nei segmenti a valore aggiunto. Per le torrefazioni italiane questo si traduce in margini più favorevoli e maggiore facilità di penetrazione in un mercato chiave come quello statunitense.
I mercati finanziari hanno registrato un impatto pressoché immediato. Le quotazioni dei futures del caffè a New York sono scese tra il 13 e il 14 novembre, passando da circa 401,7 a 399,8 USD/lbs secondo Investing.com. Nei giorni successivi si sono verificate correzioni fino al –4,5%, attribuite sia alle prospettive di minori costi di importazione negli USA sia all’incremento dell’offerta globale, come segnalato da Perfect Daily Grind. Un segnale che gli operatori hanno subito incorporato la notizia nelle proprie strategie.
La decisione dell’amministrazione Trump ridefinisce gli equilibri della filiera globale e apre una fase di nuove possibilità per le imprese italiane: un mercato più accessibile, costi ridotti e maggiore competitività in uno dei Paesi con il più alto potenziale di crescita per il caffè di qualità.
La notizia ha trovato riscontro positivo nel settore italiano. Cristina Scocchia, AD di illycaffè, evidenzia il valore strategico della misura per il consolidamento della presenza delle aziende italiane negli Stati Uniti.
“Accogliamo con favore questa notizia, che rappresenta un’iniezione positiva e un’opportunità di rafforzamento in un mercato di primo piano a livello globale. È un segnale di distensione che incoraggia gli investimenti e crea nuove opportunità di crescita, migliorando la marginalità e accelerando le opportunità di sviluppo negli Stati Uniti. Per quanto ci riguarda confermiamo la nostra volontà di valutare una produzione dedicata in loco, perché il mercato americano è per noi strategico e merita strutture e operations specifiche”, commenta Cristina Scocchia AD di illycaffè.
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