Prosegue la rubrica di Francesco Costanzo dedicata al rapporto degli italiani con lo Specialty coffee. Dopo l’intervista a Mauro Illiano, questa volta Costanzo ha intervistato Andrej Godina, uno dei primi soci della Specialty Coffee Association in Italia e figura di riferimento nel panorama del caffè di qualità. L’obiettivo è approfondire l’apprezzamento di questa categoria di caffè e chiarire eventuali fraintendimenti sul significato di caffè tradizionale e caffè Specialty.
Nella scorsa intervista, Costanzo aveva evidenziato la difficoltà del pubblico italiano nell’apprezzare il caffè Specialty estratto in espresso, mentre il successo di questa categoria sembra più evidente tra gli appassionati di caffè filtro e nella clientela straniera. Ma quali sono i reali motivi dietro questa situazione? Scopriamolo attraverso il confronto con l’esperto triestino.
Andrej Godina è un caffesperto di fama internazionale con anni di esperienza nella degustazione e nella formazione professionale, è uno dei pochissimi dottori di ricerca al mondo specializzati nella scienza del caffè. A lui abbiamo chiesto di fare chiarezza sul posizionamento del caffè Specialty nel mondo del brewing e sul dibattito tra espresso e filtro.
“Oggi il caffè Specialty rappresenta forse l’unica garanzia su cui il consumatore può contare che attesta la qualità della materia prima. Per chi non lo sapesse Specialty è un termine che può essere utilizzato solamente per la specie Arabica e viene riservato ai lotti di caffè verde che in assaggio ottengono un punteggio molto elevato. Considerata l’assenza di regolamentazioni stringenti sulle etichette del caffè che permette ai torrefattori di non comunicare alcuna informazione sui caffè utilizzati nei pacchetti e la scarsa conoscenza del prodotto da parte del consumatore medio, la classificazione ‘Specialty’ – pur riguardando il chicco non ancora tostato – offre un primo livello di tutela della qualità. Ovviamente, questo è solo il punto di partenza: anche un caffè Specialty, se tostato male o conservato all’atmosfera ambiente per un lungo periodo o estratto in modo errato, può risultare poco piacevole in tazza.”
Espresso e filtro: un falso problema?
Uno dei principali equivoci attorno al caffè Specialty riguarda la sua presunta maggiore aderenza al mondo delle estrazioni a filtro rispetto all’espresso. Ma è davvero così?
“Credo che ci troviamo di fronte a un fraintendimento storico. A causa della maggiore diffusione del caffè Specialty nei Paesi del Nord Europa, dove prevalgono le preparazioni a filtro, si è diffusa l’abitudine di tostare questi caffè con colori molto chiari. Questo profilo di tostatura funziona bene per il filtro, ma è poco adatto all’espresso, in quanto produce in bevanda un tenore di acido molto elevato tanto che, spesso, gli espressi Specialty vengono definiti da molti delle vere e proprie “spremute di linone”. L’espresso è un metodo di estrazione che richiede un colore di tostatura appropriato, più scuro che sia in grado di produrre in tazza un maggiore equilibrio gustativo, una crema ben strutturata e una buona complessità aromatica. Nessuno vieta di usare un caffè Specialty per l’espresso, ma è necessario adattare il profilo di tostatura.”
Il blend nel mondo Specialty: un’opportunità tutta da scoprire
Un altro tema importante è l’uso delle miscele (blend) nel mondo dello Specialty coffee. Molti appassionati ritengono che l’ideale sia tostare da sole le singole origini, ma Godina invita a riconsiderare questa visione:
“L’idea che il caffè in purezza, di singola piantagione, sia sempre superiore alla miscela è un preconcetto. Il blend, se ben realizzato, arricchisce il profilo aromatico e gustativo dell’espresso, oltre a dare maggiore corpo alla bevanda. Anche qui, serve una grande competenza nella miscelazione, ma il risultato può essere straordinario. Sfortunatamente il mercato di nicchia dello Specialty Coffee è fatto in Italia da ex baristi che spesso si sono improvvisati micro torrefattori e lo hanno fatto senza sufficiente formazione e competenza. Questo ha portato lo Specialty italiano a diffondersi con estrema lentezza e ha allontanato la gran parte dei consumatori che hanno preferito rimanere nel mondo dell’espresso tradizionale piuttosto che in quello delle “spremute di limone”.
Specialty e tradizionale: una distanza reale?
Uno dei temi più delicati è la contrapposizione tra caffè Specialty e caffè tradizionale. Ma è davvero necessario creare una frattura tra questi due mondi?
“Non credo che esista una distanza così abissale tra Specialty e tradizionale. Esistono caffè tradizionali di ottima qualità e caffè Specialty straordinari. Il punto chiave è la corretta divulgazione della cultura del caffè. Spetta a noi professionisti fornire al consumatore gli strumenti per fare scelte più consapevoli e comprendere cosa realmente c’è nella tazzina.”
Dall’intervista con Andrej Godina emerge chiaramente che il caffè Specialty non è un universo distante o elitario, ma una categoria che, se ben valorizzata, può trovare il suo spazio anche in Italia. Adattare i profili di tostatura per l’espresso, riscoprire il valore del blend e diffondere una corretta informazione sono passi fondamentali per costruire un mercato e permettere all’Italia di entrare a pieno titolo nella terza onda del caffè.
Il vero obiettivo non è solo vendere un caffè di qualità, ma fare in modo che il consumatore ne riconosca il valore e possa sceglierlo con consapevolezza.
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