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Passalacqua in difesa del caffè napoletano: la tostatura scura è eccellenza

In seguito alla puntata del programma televisivo Report andata in onda su rai 3 domenica 15 dicembre 2024, riportiamo il comunicato stampa inviatoci dalla torrefazione Passalacqua:

Ogni volta che posa gli occhi sul mondo del bar e del caffè, Report sa sollevare il classico “polverone”, andando a scovare baristi che non svolgono al meglio il loro compito, caffè discutibili o mostrati come tali. Lo fa in tutta Italia, trovando analoghe mancanze sia a livello di produzione sia di trasformazione, ma come già con la prima puntata, l’attenzione – un vero accanimento – si posa soprattutto su Napoli e sulla sua tradizione della tostatura napoletana di cui Biagio Passalacqua fu l’ideatore negli anni ’50. La mano del conduttore prende una manciata del nostro caffè tostato scuro, fa mente locale a uno tostato chiaro e la conclusione è che il secondo è migliore, perché gli esperti intervistati (tra cui non c’è alcun napoletano) dicono così, pur senza averne colto le caratteristiche.

Tuttavia si sa da sempre che, al pari dell’arte culinaria, che cambia via via che ci si sposta di regione in regione e anche di comune in comune, influenzata dalle varietà climatiche, territoriali e storiche, così avviene anche per il caffè. Il Centro Studi Assaggiatori ha identificato cinque stili che si incontrano nell’Italia dell’espresso, che vanno dall’alpino, che si manifesta con una freschezza acida ben percepibile, che enfatizza le note di fiori e frutta fresca, a quelle più speziate e cioccolatose dei caffè meridionali. Nelle pagine che raccontano le differenze tra le diverse zone d’Italia, arrivati alla Campania, l’Autore ringrazia Biagio Passalacqua, riconosciuto come un’autorità in materia, per la preziosa testimonianza riguardo la storia e la cultura del caffè della nostra Regione, che viene così presentato: si presenta intenso, aromatico, scuro, pastoso, persistente. Al suo interno può contenere una buona percentuale di caffè Robusta e in tazza dà un espresso che presenta una crema spessa di colore bruno. La bevanda è corposa e al gusto si presenta poco acida, con maggiori note amare. L’aroma intenso all’olfatto torna anche al retrolfatto ricco di sentori tostati e speziati, che terminano nella frutta secca ed essiccata.

Da sx Francesco Lo Vasto, Serena Montini, Paola Passalacqua, Laura Passalacqua, Pasquale Iazzetta

Un caffè tostato scuro non è rancido

Non è il colore del caffè a determinare la sua qualità. A monte di un buon caffè c’è un sistema di selezione e di controllo qualità attento, che in Passalacqua è assicurato da un panel di assaggiatori certificato SCA (Specialty Coffee Association) che seleziona le partite di caffè da acquistare seguendo i più rigidi parametri globali per la selezione dei migliori caffè crudi esistenti al mondo. A questo proposito, da pochi giorni ha ricevuto l’Award “Torrefazione Tradizione”, ovvero è stata decretata l’emblema della tradizione nella torrefazione italiana nella terza edizione della Guida dei caffè e delle torrefazioni d’Italia, ideata e curata da Andrej Godina, caffesperto e Phd in Scienza, Tecnologia ed Economia nell’Industria del Caffè, e Mauro Illiano, caffesperto e recensore gastronomico. La motivazione: “Per la sua capacità di innovare l’azienda nel pieno rispetto della tradizione, che traspare dalla linea dei prodotti e dai profili sensoriali in tazza”.

Ma torniamo al caffè e alla sua trasformazione. Un suo passaggio centrale è senza dubbio la tostatura, che porta nel chicco, dapprima verde, duro e pressoché insapore, cambiamenti radicali, che gli fanno aumentare il volume, il colore, e la consistenza. Nel corso della puntata si è sentito parlare di “crack”, che è un po’ il rumore che fa il mais quando si trasforma in popcorn: questo suono è dato dall’alta pressione generata dal vapore acqueo e dall’anidride carbonica che si trovano nelle cellule del chicco; la loro pressione genera il rumore e cambia i connotati del chicco, per colore, volume e aromi. Da questo momento comincia, infatti, la fase dello sviluppo in cui si caratterizzano la parte aromatica e il gusto in tazza. Quella più corta, pressoché a ridosso del primo crack, dà un chicco chiaro, poco solubile, che per questo è indicato esclusivamente per estrazioni a filtro, dove il maggiore tempo di contatto con l’acqua permette di estrarre gli aromi. I chicchi più scuri si prestano all’estrazione in espresso e la colorazione varia in base al momento del processo in cui il caffè viene scaricato.

Il caffè napoletano – di cui Passalacqua è tra gli inventori – viene scaricato prima che si abbia il secondo crack (un altro scoppiettio dovuto nuovamente soprattutto all’anidride carbonica). Sulla superficie dei chicchi si possono vedere poche goccioline di oli essenziali, “spinti” in superficie dall’anidride carbonica. In “Tostatura in un libro” di Andrej Godina e Massimo Barnabà si legge: “il colore del tostato è un indicatore di quanto le reazioni chimiche sono state in grado di creare nuovi aromi e determina una maggiore o minore complessità aromatica. Una tostatura scura aumenta il corpo della bevanda, la dolcezza, l’intensità dell’amaro, diminuisce l’intensità dell’acidità e nell’espresso aumenta lo spessore e la persistenza”.

«La tostatura scura è a manto di monaco e così sono i nostri caffè – afferma Francesco Lo Vasto, Chief Financial Officer & Strategy Director di Passalacqua -. Questo per il torrefattore rappresenta solo uno svantaggio, perché con questa lavorazione il caffè raggiunge il massimo del suo calo di peso (circa il 20% contro un 15-16% della tostatura chiara), ma lo facciamo per aiutare il barista ad avere il migliore prodotto in tazza. La tostatura scura, infatti, facilita la generazione di polveri sottili in macinatura, che sono maggiormente idrosolubili in espresso. Ribadisco: un caffè tostato molto chiaro va bene principalmente per estrazioni in filtro e un torrefattore non può tostare non tenendo conto del metodo di estrazione utilizzato dalla maggioranza dei suoi clienti, considerato che in Italia il 99% avviene con metodo espresso».

La bevanda in tazza offre le note di cui abbiamo parlato sopra: ha una grandissima persistenza e un corpo elevato, il processo di caramellizzazione degli zuccheri è completamente avvenuto e l’acidità è molto bassa. Proseguire con la tostatura oltre il secondo crack significa ottenere un caffè bruciato e con una forte astringenza… da servire coprendo questi sentori con creme, latte o zucchero. Espedienti di cui i caffè Passalacqua non hanno bisogno.

Formazione sul campo

«La formazione è un grosso problema per il mondo del bar in tutta Italia – riprende Francesco Lo Vasto -. Le scuole alberghiere non formano i futuri baristi, nessun ente si prende carico di questa formazione che viene riversata, quasi fosse un dovere, sulle torrefazioni. Perché? Le case vinicole si preoccupano forse di formare i sommelier che operano nelle varie enoteche? Per il mondo della formazione, per le associazioni di categoria ed anche per molte scuole baristi, estrarre un espresso significa semplicemente mettere il macinato nel filtro, pressare (se ne ha il tempo) e schiacciare un bottone o tirare una leva; meglio dedicarsi alla mixology che rende di più e fa più scena… Chi parla di qualità? Chi parla di manutenzione? Nessuno! Ma quando il barista non lavora bene, la “colpa” è della torrefazione. Così da 8 anni abbiamo una nostra Accademia interna in cui formiamo i nuovi clienti e un nostro formatore visita i diversi locali nelle città d’Italia al fine di aiutare i baristi a soddisfare al meglio la clientela».

Passalacqua ha locali in cui ogni giorno vengono venduti più di 10 chili di caffè, fino ai 20 del bar Ciro a Mergellina e Bar Mexico su cui si è accanito il giornalista di Report. Quel quantitativo equivale a circa 2000 tazzine, che nelle giornate di punta arrivano a 2500-2800, richieste soprattutto la mattina a colazione e dopo pranzo: in questi periodi si formano code di decine di persone al banco ed essere rapidi e precisi è la cosa più importante. Sono stati provati più macinadosatori, ma non riuscivano a soddisfare la richiesta dei picchi di lavoro. Ci si è quindi affidati a un macinino semi-industriale in grado di macinare grandi quantitativi di caffè molto rapidamente; il macinato viene riversato in un contenitore e quindi in un secondo, da cui un cucchiaio dosatore volumetrico da 8 grammi lo preleva con precisione, per versarlo nel filtro, per poi passare alla pressatura e dare il via all’erogazione. Possiamo garantire che in quei contenitori il caffè non ha il tempo di sostare che pochissimi minuti, dunque il rischio che irrancidisca (un problema che si ha quando il caffè sosta a lungo nel macinacaffè o nel dosatore) non rientra nei rischi dei locali Passalacqua.

«E sottolineo il fatto che nei locali interessati dall’inchiesta, si beve una miscela di 9 origini di altissima qualità 100% arabica – riprende Francesco Lo Vasto -. Tante torrefazioni del Nord provano ad imitare il caffè napoletano tostando scuro anche miscele che in origine erano più chiare. Disturba forse il fatto che il gusto napoletano piaccia sempre più sia in Italia sia all’estero? Da parte nostra ne siamo fieri. Ringraziamo il nonno Samuele che fondò la torrefazione, Biagio, Yor Armando ed Emilio che hanno proseguito l’attività, Paola e Laura Passalacqua che la conducono oggi con attenzione e grande serietà e Serena Montini che ad oggi rappresenta la quarta generazione alla guida della Torrefazione, di cui abbiamo abbracciato la tradizione portandola nel corso degli anni a una grande evoluzione».

«Quindi questa tostatura scura piace e la controprova di ciò – afferma Pasquale Iazzetta, direttore commerciale – è proprio nei risultati di vendita fuori la regione Campania e all’estero. Passalacqua fieramente fedele al culto del vero caffè partenopeo, piace a tutte le latitudini e, ne siamo certi, piacerà sempre più».

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