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Kimbo: “un chicco di speranza” per il reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro

Kimbo lancia "Un chicco di speranza" a Secondigliano, offrendo formazione e lavoro ai detenuti per il loro reinserimento sociale.

Il 16 settembre 2024 segna un passo importante per il reinserimento dei detenuti del carcere di Secondigliano grazie alla firma del protocollo d’intesa per il progetto “Un chicco di speranza“. Questo accordo nasce dalla collaborazione tra l’Arcidiocesi di Napoli, rappresentata da mons. Domenico Battaglia, l’azienda Kimbo, presieduta da Mario Rubino, e la direzione della Casa Circondariale “P. Mandato” di Secondigliano, guidata da Giulia Russo. L’iniziativa, sostenuta dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, si propone di offrire ai detenuti una concreta opportunità di reinserimento sociale attraverso la formazione professionale e il lavoro.

Il progetto prevede l’avvio di corsi di formazione per i detenuti, con l’obiettivo di prepararli a svolgere ruoli professionali all’interno del settore Horeca. In particolare, verranno avviati programmi di training per diventare baristi professionisti e tecnici manutentori di macchine da caffè. Grazie alla partnership con Kimbo, i detenuti selezionati avranno la possibilità di acquisire competenze specifiche, fondamentali per un futuro reinserimento nel mercato del lavoro.

Magazzino ricambi e lavoro tecnico

Tra le novità del progetto, vi è la creazione di un magazzino all’interno del carcere per la riparazione e rigenerazione delle macchine da caffè fornite da Kimbo. I detenuti, con un regime di semi-libertà o beneficiari di misure alternative, potranno lavorare al recupero delle macchine da caffè, svolgendo attività tecniche e logistiche come il prelievo e la riconsegna presso i punti vendita. Questo approccio pratico non solo favorirà l’apprendimento di nuove competenze, ma creerà anche un collegamento diretto tra il mondo carcerario e il settore commerciale.

Il coinvolgimento dell’Università di Napoli Federico II

Il progetto non si limita alla formazione tecnica. In collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli Federico II, è allo studio la creazione di una piantagione di caffè su un terreno di 10.000 metri quadrati all’interno del carcere. Questa iniziativa è parte di un più ampio percorso di sostenibilità che punta a valorizzare le risorse locali e offrire ulteriori opportunità di formazione e sviluppo professionale per i detenuti coinvolti.

Il contributo di Kimbo al territorio

Mario Rubino, presidente di Kimbo, ha espresso il forte legame dell’azienda con Napoli e il desiderio di restituire qualcosa alla comunità che ha contribuito al successo del marchio. Fondata nel 1963, Kimbo ha sempre avuto radici profonde nel territorio napoletano e oggi, attraverso questo progetto, l’azienda intende offrire un contributo significativo al reinserimento sociale dei detenuti, creando un circolo virtuoso tra impresa e comunità.

L’importanza della rete sociale

Mons. Domenico Battaglia ha sottolineato come questo progetto rappresenti un esempio di giustizia sociale e non un semplice atto di carità. Fare rete tra diverse realtà – ecclesiastica, imprenditoriale e istituzionale – è fondamentale per costruire un percorso di speranza e reintegrazione per chi ha scontato una pena. L’obiettivo è aiutare i detenuti a tornare a essere cittadini attivi e responsabili, capaci di costruire una nuova vita dopo il carcere.

Primi corsi a ottobre

I primi corsi di formazione per baristi inizieranno a ottobre 2024 presso il Kimbo Training Center, con il coinvolgimento di 10 detenuti selezionati. L’Arcidiocesi di Napoli, attraverso il suo Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro, continuerà a sensibilizzare i detenuti sull’importanza del progetto, promuovendo una partecipazione attiva e responsabile.

Grazie a “Un chicco di speranza”, i detenuti di Secondigliano avranno l’opportunità di costruire un nuovo futuro professionale, contribuendo al benessere della comunità e sviluppando competenze che potranno essere utili anche una volta scontata la pena.

Leggi l’articolo anche su Horecanews.it

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