lunedì, Dicembre 16, 2024
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Francesca Bieker sulla mancanza di cultura del caffè in Italia

L'assaggiatrice di caffè Francesca Bieker ha commentato la puntata di Report di domenica sera, mettendo in luce la mancanza di cultura del caffè in Italia.

Francesca Bieker, assaggiatrice di caffè, titolare di Grip- la scuola online dedicata al consumatore, giudice internazionale SCA, coordinatrice education SCA Italy, ha condiviso con noi una riflessione dopo la puntata di Report, andata in onda ieri.

Ecco la sua riflessione:

La puntata di Report andata in onda ieri ha portato alla luce una verità scomoda: in Italia manca una vera e propria cultura del caffè. Ǫuesto problema si manifesta non solo nella scarsa professionalità di molti baristi, ma anche in una generale trascuratezza sul fronte dell’igiene e, soprattutto, in un profondo vuoto di consapevolezza da parte dei consumatori.

Il problema: professionalità e igiene
Spesso tendiamo a idealizzare l’esperienza del caffè al bar come un momento sacro della giornata. Tuttavia, la realtà dietro il bancone è talvolta meno poetica. Molti operatori del settore non hanno ricevuto una formazione adeguata e non conoscono le tecniche fondamentali per preparare un espresso di qualità. A questo si aggiungono pratiche igieniche discutibili, come macchine per il caffè non pulite regolarmente e filtri trascurati, che compromettono non solo il gusto, ma anche la salubrità della bevanda che consumiamo. Per non parlare del macinino…
Senza contare la problematica innescata dall’utilizzo di un caffè bruciato in tostatura che elimina completamente le sostanze aromatiche generando un unico gusto riconosciuto, ovvero un amaro intensissimo e astringente, ma con una lunghissima persistenza.
Ǫuesto genere di tostatura avvilisce le qualità migliori ma spesso viene utilizzato per mascherare e disperdere dei difetti presenti nella materia prima utilizzata.
In conclusione, un caffè buono risulterà cattivo mentre un caffè scadente e difettato rischierà di migliorare in quanto il bruciato dell’amaro maschererà tutto.

Il ruolo del consumatore: una mancanza di educazione critica
Il problema più grande però, a mio avviso, è che noi come consumatori non siamo stati educati a distinguere un caffè scadente e con difetti da uno buono. Non ci è mai stato insegnato a riconoscere i difetti oggettivi in tazza, come la presenza di aromi bruciati, rancidi, legnosi o astringenti, ma nel tempo si sono radicate false credenze legate alla tazzina dell’espresso che ci portano piuttosto a valutare la persistenza della crema o “l’intensità”. Di conseguenza, accettiamo quasi tutto ciò che ci viene servito, privandoci della possibilità di fare scelte consapevoli.

La cultura porta alla scelta
La cultura del caffè, infatti, è fondamentale per costruire un consumatore consapevole, capace di scegliere ciò che gli piace davvero. Conoscere il caffè significa saper apprezzare le differenze tra un’arabica e una robusta, tra una tostatura chiara e una scura, e saper riconoscere il valore di un’estrazione eseguita a regola d’arte. Senza queste conoscenze, il consumatore resta in balia dell’offerta, accettando passivamente anche caffè di qualità mediocre o, peggio, scadente.
Un altro fattore che porta a tutto ciò è la quasi totale impossibilità di scelta in un bar, avendo disponibile una solo tipologia, senza neanche sapere quale specie, miscela, varietà, lavorazione, provenienza ha quel caffè.

Teniamo presente, inoltre, che si inserisce un ulteriore tassello che è quello di non valorizzare e distinguere economicamente con prezzi diversi il valore del prodotto, come avviene invece nel vino, nelle birre e persino nell’acqua minerale.

Da anni mi occupo di consulenza e formazione per aziende e consumatori, con l’obiettivo di colmare questa lacuna culturale.
Ho avuto la possibilità di visitare piantagioni, partecipare come giudice internazionale ai campionati mondiali, tutti i giorni assaggio caffè per lavoro, scontrandomi spesso e volentieri con l’ignoranza e la presunzione che “sono 30 anni che lavoro così” oppure “nessuno si lamenta del caffè”, senza che mai nessuno faccia riferimento a dati oggettivi e tecnici riguardanti il caffè dalla pianta, al fiore, al frutto, alla raccolta, alle lavorazioni, alla logistica, alla tostatura, alla scelta, al mantenimento, alla shelf life, ai corretti utilizzi dei sistemi di estrazione e alla spiegazione di quello che si sta offrendo al consumatore finale, con tutte le problematiche che si creano e affrontano nel corso della filiera.
Solo attraverso un’educazione mirata possiamo rendere il consumatore italiano protagonista delle proprie scelte, spingendo anche i professionisti del settore a migliorare la qualità del servizio.

Un futuro di consapevolezza
Il caffè, simbolo dell’identità italiana, merita di più. Merita professionisti preparati e consumatori consapevoli. Investire nella cultura del caffè significa valorizzare un prodotto e può fare la differenza non solo al palato, ma anche nel nostro modo di vivere un’esperienza quotidiana così importante.
Se facciamo un conto veloce una persona che inizia a bere caffè a 20 anni, con una media di 3 al giorno berrà nella sua vita 54.750 espressi: è ora che iniziamo a sapere se quel prodotto è oggettivamente cattivo o buono.
È il momento di trasformare l’abitudine in cultura, l’ignoranza in consapevolezza e il caffè in una scelta autentica e consapevole.

Leggi la notizia anche su Horecanews.it

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